Il mostro di Firenze e altri racconti

  Giunta alla quinta candidatura allo Strega in pochi anni – cosa che dovrebbe dirla lunga sul valore e sulle capacità di questa autrice che non sembra ancora godere della visibilità e della notorietà che di certo merita – Lodovica San Guedoro vi concorre quest’anno con Il mostro di Firenze e altri racconti, una raccolta che, dopo gli amorevoli toni di Pastor che a notte ombrosa nel bosco si perdé… e di Amor che torni… e la lucida, spietata invettiva di S’io fossi foco, conferma pienamente tutto ciò che di pregio abbiamo conosciuto nelle sue opere precedenti.

Ognuno di questi ventisette racconti, infatti, spesso di una brevità sorprendente, colpisce per la rara abilità nel lasciar affiorare con pochi, accuratissimi tratti un luogo, un aneddoto, dei ricordi più o meno lontani con i loro personaggi – pensiamo alla Sicilia dell’infanzia dell’autrice, così splendidamente descritta nella sua fastosa e ammaliante bellezza, o alla Roma degli anni Settanta e Ottanta che fa da sfondo a numerose vicende, o ai decenni del berlusconismo, raccontati con la verve puntuta e sagace che ha già contraddistinto in passato molte sue pagine – riuscendo efficacemente, nell’insieme, a dare il ritratto esaustivo e variegato di un popolo e dei suoi costumi, della sua mentalità e delle sue tare in un preciso momento storico.

Per quanto riguarda gli argomenti, tutta la raccolta ruota attorno a una costante, al leitmotiv dell’insidia sessuale, che ne fa, come dice lei stessa, “una piccola rassegna delle molestie sessuali subite principalmente in Italia per la strada, nei cinema, nei parchi, sui bus, prima di espatriare e anche tornando in patria per vacanze“, scritta “in un certo qual modo per tramandare quello che mi capitava da ragazza, e non solo, quando andavo per le vie del mondo.” Complice la memoria e la sua disposizione a trasfigurare gli eventi, gli episodi ci appaiono spesso circonfusi di un’aura da sogno, da idillio perfetto, tanto è vasta la bellezza del mondo in essi proposta, puntualmente rovinata, negata però dalla parola bruta, dal gesto rozzo e inconsulto, dalla violenza inaccettabile di un’umanità maschile, ferina e deplorevole, non ancora redenta, ma quanto prima – si spera – riconducibile nei limiti del consesso civile, nella quale non si riscontra affatto amore, rispetto, senso della vergogna e pudicizia, ma esclusivamente l’idea malsana di poter molestare e minacciare tranquillamente, di poter disporre a proprio piacimento della libertà altrui, di estorcere addirittura il piacere con la forza. Non è un caso, forse, che la raccolta si apra proprio con il ricordo del cuore puro e schietto di una ragazza spensierata e innamorata del mondo, ancora ignaro delle molestie e delle violenze che avrebbe invece subito in seguito, e culmini con l’episodio dell’incontro col mostro di Firenze – anche questo, sì, un rischio vero corso dall’autrice – chiaro riferimento all’innocenza e alla bellezza brutalizzate dal male.

Questo schema ricorrente è contraddetto solo in tre racconti, intitolati significativamente “Dolce Stil Novo” (I, II e III), i quali, nel mostrarci esempi di spirito cortese ancor vivo nel presente, ben accetto da chi ha “intelletto d’amore”, sembrano far da contrappeso alla mentalità circoscritta di quegli uomini che vedono nelle donne delle facili prede o delle poco di buono, soprattutto se giovani e libere o in giro da sole per il mondo, degli uomini che in ogni caso, tra commenti insolenti, esibizioni di prestanza o profferte di sesso facile, si dimostrano inadeguati dinanzi a chi ha scelto di emanciparsi dalle costrizioni ataviche di un patriarcato violento.

La raccolta può apparire allora come un atto d’accusa, come un monito o un insegnamento, ma anche come un breviario per le giovani d’oggi che, in un Paese di provincia come il nostro che non sembra aver cambiato abitudini con gli anni, facilmente potrebbero riconoscersi e ritrovarsi in alcuni episodi, fino a ravvisare nell’autrice un modello di donna pienamente presente a se stessa, che non ha mai amato adeguarsi a schemi o modelli, né tanto meno scendere a compromessi.

Recensione apparsa su Lankenauta

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