Feríta. Giovanna d’Arco, anno 1971

Ieri ho avuto il piacere di dialogare in diretta con Sergio Roic in occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo “Feríta. Giovanna d’Arco, anno 1971” (Mimesis), una distopica visione del post-Sessantotto parigino attraverso lo sguardo del regista russo Martin Aleksandrovicv Belogradski e del filosofo di sinistra Eric Ferita.

Qui il link della diretta:

          

Odio senza fine

  Berlino, notte del 30 gennaio 1933. Forse non è un caso che la prima immagine con cui si apre il romanzo sia quella di una camera da letto avvolta dal gelo in cui Annelore, personaggio chiave e filo conduttore della vicenda, tenta strenuamente di riscaldarsi sotto le coperte, senza riuscirci, un’immagine che non è solo lo specchio immediato della profonda solitudine in cui versa la donna e del senso di angoscia dilagante che ne pervade l’esistenza, come di quello delle persone che la circondano, ma che è anche la perfetta metafora della condizione di un intero paese, che ben rende, cioè, assieme agli incubi che la tormentano e l’assillano, in cui ricorrono il volto deformato di Göering e le violenze urbane perpetrate dalle SA, l’idea inconfondibile di una fine. Continua a leggere

All’ombra della Collina dei galli, un’intervista ad Osvalds Zebris

  All’ombra della collina dei Galli di Osvalds Zebris è un breve romanzo storico che ha come sfondo la Riga del primo Novecento, più precisamente quella degli anni 1905-06, quando l’ondata rivoluzionaria già scoppiata in Russia a seguito della sconfitta nella guerra russo-giapponese si estese rapidamente anche alle città e alle campagne lettoni, portando con sé disordini e violenze di ogni tipo. Con grande perizia l’autore affronta vari temi: la lotta e il sacrificio dei giovani lettoni che son dovuti crescere in fretta e che hanno pagato con il sangue il rifiuto del dominio straniero sulla propria terra; la violenza cieca e irrazionale delle masse contadine che cercavano nella rivolta contro i signori la vendetta più che la giustizia; l’antisemitismo orrido che aleggiava ovunque tra la gente, ricca o povera che fosse, anche tra quella che, occupando un ruolo istituzionale, avrebbe dovuto far uso di un maggiore buonsenso; l’amaro destino della prima generazione di insegnanti lettoni repressa duramente dal regime zarista che intendeva a quel modo non solo riportare l’ordine nelle province asservite ma anche colpire l’identità linguistica e culturale del popolo lettone eliminando fisicamente la sua prima intellighenzia, quella che aveva visto nell’insegnamento in lingua madre un elemento imprescindibile per la costruzione di uno spirito nazionale. Continua a leggere

A ciascuno il suo lago

  Una lettura davvero interessante. Sembra proprio che tutto, in questi racconti, miri a spiazzare, a stravolgere i canoni.

“Usciva la mattina e senza saperlo prendeva con sé tutto: i libri, il mobilio, la chitarra, i cuscini, le porte, le finestre, tutti i ricordi passati, il profumo delle arance e il sapore della pera che aveva sfiorato con le labbra, tutto il tempo e una fotografia in cui noi in una doppia esposizione nuotiamo nel mare blu scuro.”

Nenad Joldeski, A ciascuno il suo lago, Mimesis, 2019, trad. di Davide Fanciullo.

  Sembra davvero che tutto, in questa breve raccolta di racconti del giovane autore macedone Nenad Joldeski (A ciascuno il suo lago, Mimesis, 2019, edita nella bella collana Elit. European literature curata da Massimo Rizzante, dedicata ai vincitori dello European Prize for Literature) miri a spiazzare, a sovvertire i canoni, ad aggirarli, lasciando il lettore – almeno al primo approccio – privo di appigli e di riferimenti: dal fatto che da subito la voce narrante cancelli quanto ha appena scritto portandolo nel vivo della redazione di un racconto nel racconto, metodo che ricorre più volte all’interno Continua a leggere