#LoStatutoDelRacconto: l’intervista a Stefano Benni

Innanzitutto, tra le tante opere da Lei scritte e che abbiamo avuto modo di apprezzare figurano molte raccolte di racconti: si va da Bar Sport (1976) a Il bar sotto il mare (1987), a L’ultima lacrima (1994), per citarne solo alcuni, fino al recente Cari mostri (2015).


Da scrittore che è anche autore di romanzi, Lei considera il racconto come una forma di valore o come un qualcosa di subalterno rispetto alla forma romanzo?
S. Subalterna è solo la cattiva scrittura.

Da cosa è stato spinto nella sua scelta? Perchè ha scelto la forma del racconto? Le va di raccontarci la Sua scelta per la forma breve del narrare?


S. Ho ammirato e amato libri di racconti, quando ero un giovane lettore.

C’è qualche campione della narrativa breve a cui si è ispirato e si ispira nel dare forma al suo stile?


S. Edgar Allan Poe, Buzzati, Flannery O’Connor, Cortazar, tutti i russi e almeno un altro cenitnaio.

Cosa ci dice sul fatto che i racconti non si leggono e non si vendono? Lei condivide questa affermazione?


S. Bugie, date dal poco coraggio editoriale. Il bar sotto il mare è forse il mio libro più letto.

Da scrittore, cosa si sente di dire ai giovani autori di Emergenza Scrittura che amano scrivere? Quali indicazioni darebbe a un giovane autore di racconti?


S. Di non cadere, appunto, nella trappola, del luogo comune che il racconto sia subalterno. È un genere di scrittura che richiede grande precisione, non ci deve essere mai un calo di tensione in un racconto.

Intervista a cura di Gianluca Massimini per Emergenza Scrittura