#LoStatutoDelRacconto: l’intervista a Emanuele Kraushaar

  Innanzitutto, Lei è editore della Tic Edizioni, una casa editrice indipendente nata a Roma nel 2011.  È anche autore però di Tic (2005, Atì Editore), un’ottantina di racconti brevi, molto apprezzati dagli addetti ai lavori, e della raccolta di 110 racconti brevi Maria De Filippi (2011, Alet).

Le faccio la domanda con la quale apriamo tutte le interviste della nostra indagine sul racconto: Lei considera il racconto come una forma di valore o come un qualcosa di subalterno rispetto alla forma romanzo?

E. Una forma di grande valore.

Da cosa è stato spinto nella sua scelta? Perché ha scelto la forma del racconto? Le va di raccontarci la sua evoluzione come scrittore e la sua scelta per la forma breve del narrare?

E. Ho iniziato a scrivere poesie a sette anni. Nel tempo ho alternato periodi di scrittura poetica alla prosa breve. Più che una scelta è stata una necessità. Solitamente, infatti, scrivo per ispirazioni improvvise: si tratta di visioni fulminee e circoscritte a un dato momento. Se fossero più prolungate, probabilmente scriverei qualcosa di più esteso (e a volte è capitato). Ogni racconto è un piccolo mondo a sé, dove in qualche modo sono stato.

Da dove trae spunto per i suoi racconti?

E. Da ricordi sbagliati, telefonate interrotte, passeggiate che avrei voluto fare.

C’è qualche campione della narrativa breve a cui si è ispirato e si ispira nel dare forma al suo stile?

E. Sono cresciuto con i racconti di Buzzati e Pirandello letti da mia nonna su una spiaggia di Santa Marinella. E poi Kafka, Poe, Carver, Moody e Bolaño. Anche se il Signore dello Stile, seppur nell’orbita romanzo, per me è Thomas Bernhard.

Ora vorrei curiosare nella stanza in cui scrive e chiederle: come nasce un racconto?

E. Cammino o sono seduto o sono a una festa in piscina o sono a letto e non mi va di alzarmi o sono con degli amici o sono con dei nemici o ricevo una telefonata di qualcuno che vuole vendermi qualcosa o mi dice che si sta sposando per la terza volta, io penso a quello che mi sta succedendo o a tutt’altro e mi viene voglia di fermare quel pensiero.

Il racconto può aiutare a capire il presente?

E. Sì, ma anche l’abbaio di un cane. Molto dipende dall’ascolto.

Cosa può dire il racconto sulla recente storia d’Italia e sulla società italiana?

E. Il racconto è la forma di qualcosa che può essere illuminante, dare una scossa, stringere come in una morsa. Un racconto contemporaneo sulla società italiana potrebbe dare queste sensazioni.

Quali sono gli scrittori del nostro passato recente che Lei considera dei punti di riferimento per le nuove generazioni?

E. Mi viene voglia di dire un solo nome: Buzzati. Aveva molte cose da raccontare e lo ha fatto in una forma che è quella di un sogno che non finisce mai.

Ci sono scrittori di racconti attuali che vuole menzionare per il loro valore?

E. Mi piacciono i racconti di Matteo Galiazzo, ma non sono fortunato, perché a quanto ne so ha smesso di scrivere o comunque di pubblicare. E poi seguo con interesse la scrittura di Gherardo Bortolotti, che solitamente procede per testi brevi all’interno di un quadro più ampio. Avrei voluto pubblicare il suo Quando arrivarono gli alieni, ma sono arrivato tardi: uscirà per Benway. Inoltre apprezzo lo stile bernhardiano di Vitaliano Trevisan, anche se preferisco il romanzo I quindicimila passi ai suoi fulminei Shorts. Un piccolo cult della narrativa breve degli ultimi anni, che ho letto con molto godimento, è Personaggi precari di Vanni Santoni.

Cosa ci dice sul fatto che i racconti non si leggono e non si vendono? Lei condivide questa affermazione?

E. Credo ci sia un forte pregiudizio riguardo ai racconti. Non si vendono molto, ma quasi nessuno fa niente perché la tendenza si inverta. Personalmente amo leggere racconti e credo di essere in compagnia di molta gente. Certo non conosco nessuno che si sia arricchito scrivendo racconti. Alcune piccole e coraggiose case editrici li pubblicano e non solo nella rassicurante formula dell’antologia di scrittori; un esempio è la Neo, che quest’anno è riuscita a portare un autore di racconti molto apprezzato come Paolo Zardi tra i finalisti del Premio Strega (anche se per l’occasione con il romanzo XXI Secolo). Cito con piacere anche la rivista «Parallàxis», specializzata in narrativa breve horror e sci-fi: la formula è quella di pubblicare autori internazionali accanto a nuovi nomi del panorama italiano.

Da scrittore e da editore, cosa si sente di dire ai giovani autori di Emergenza Scrittura che amano scrivere? Quali indicazioni darebbe a un giovane autore di racconti?

E. Di leggere molto o vivere molto o sognare molto. Mettere da parte tutto quello che è di contorno nella mente e poi anche nel foglio. Scrivere quando è il momento e non sempre è il momento. E poi mandarci i racconti ad info@ticedizioni.com. La nostra programmazione editoriale è chiusa sino al 23 dicembre 2046, ma non abbiamo mai preso il tempo molto seriamente.

Intervista a cura di Gianluca Massimini