Undici domande su “L’età dell’amore”

1) Nel tuo libro “L’età dell’amore” hai scelto la forma del racconto. Hai voluto seguire una moda, proporre qualcosa di originale o è una semplice modalità d’espressione?

La forma del racconto, come è stato espresso anche recentemente da alcuni critici, oggi potrebbe essere la forma migliore per parlare della realtà in modo innovativo, cosa che altre forme, come il romanzo, anche se più fortunate a livello editoriale, soprattutto in Italia, non riescono più a fare. Non ce l’ho con i romanzieri, ma la narrativa italiana, in particolare quella che va per la maggiore, non propone nulla di nuovo, nessuna nuova visione della realtà, nessun atteggiamento interessante, nessuna poetica, e il tutto con una sconcertante assenza di stile. A fronte di ciò, ho voluto scrivere qualcosa di originale, nel senso che nella nostra tradizione non si ricorda un libro come questo, se non, forse, per la brevità del narrato, i Sillabari di Parise. Ho voluto far forza sulla rapidità, sulla leggerezza, sulla concisione, sulla visibilità tanto assente nella narrativa “maggiore”, con una forte presenza di stile, uno degli elementi fondamentali che fanno un autore, credo.

2) Cosa cercano i protagonisti dei tuoi racconti?
I protagonisti dei miei racconti cercano sempre qualcosa, ma questo qualcosa non gli è sempre chiaro. Più concretamente, però, ho voluto parlare dell’uomo più che di singoli personaggi. I protagonisti non sono che pedine di un panorama più vasto, che ci coinvolge tutti, travolgendoci. Per questo a volte, come è stato notato, nel tessuto narrativo hanno una collocazione astorica e non sempre delineata.

3) La domanda è d’obbligo, visto il titolo del tuo libro. Credi nell’amore eterno?
Nessuna cosa ha in sè, per natura, il dono dell’eternità. Ma forse è proprio per questo che i miei personaggi cercano, si interrogano sulle cose. Se non credessero nell’amore eterno forse sarebbero più tranquilli.

4) Hanno accostato la tua scrittura a Raymond Carver, Ernest Hemingway, Cesare Pavese. Cos’hai raccolto da questi signori? Ci sono altri maestri nella storia di Gianluca Massimini?
Sono autori che amo molto, e credo siano irraggiungibili, ineguagliabili. Sicuramente mi hanno influenzato, leggo molto, anche se meno rispetto agli anni passati. Questo perchè credo che arrivi un certo punto della maturità in cui si capisce che bisogna camminare da soli e cercare da soli se stessi, anche nella scrittura. Per me vale ancora molto il motto di La Monte Young: “Traccia una linea bianca e seguila.”

5) La tua ricercatezza stilistica mi fa pensare a qualcosa d’altri tempi, ma il filo del minimalismo appena evocato porta alla modernità. Come si coniugano nel libro le due cose?
Il minimalismo mi interessa molto, non solo a livello letterario. E’ una vera miniera, un pozzo senza fondo. Per quanto riguarda il libro è’ evidente che nella maggior parte dei racconti non vi sia un grande sviluppo narrativo, o meglio questo aspetto non ha la preminenza, quindi l’accostamento è giusto e mi lusinga. Lo stile che utilizzo è invece ricercato, come tu lo definisci, quindi poco in linea con il minimalismo, ma è quello che mi esprime al meglio. Farei difficoltà ad esprimermi diversamente, e confesso che mi riesce difficile leggere certa narrativa d’oggi, di uno stile bianco e insipido. Credo che ne sia uscito fuori qualcosa di nuovo.

6) Il ritorno alla natura, come un richiamo della vera dimensione umana, è un qualcosa presente solo nei tuoi racconti o una necessità reale, attuale?
Sono molto legato alla natura, ai suoi cicli, a certi paesaggi, al mare, e penso che sia la dimensione più consona all’uomo, già solo per capire cosa egli è. Non parlerei di un ritorno, quanto di consapevolezza di un rapporto.

7) Si dice che un autore mette sempre qualcosa di suo in uno scritto, quanto c’è di tuo ne “L’età dell’amore” ?
Tutto è autobiografico, anche un libro di scienze. Direi che c’è molto.

8) L’amore ha un’età?
Non credo ci sia un’età. Questo è il bello dell’amore, ma potrebbe anche essere il brutto. (ride, n.d.r.)

9) Come vedono il mondo circostante gli occhi di Gianluca Massimini?
Sono affascinato dal mondo, mi interessa l’uomo, quello che fa, che pensa, nel bene e nel male. La mia scrittura è in fondo un’indagine, o cerca di esserlo.

10) Scrivere tra la gente (osservando come un silenzioso voyeur) o scrivere in solitudine (immaginando), tu cosa preferisci?
Entrambe le cose, le due modalità si accordano perfettamente, nè potrebbero escludersi. La “solitudine dello scrittore” è comunque essenziale: si ha il bisogno di esser soli per capire, interrogarsi, fare i conti con se stessi, non potrei mai riuscirci nella confusione.

11) Il tuo prossimo libro…di cosa parlerà?

Di solito lavoro contemporaneamente a più cose. Non so quale libro prenderà forma prima dell’altro, nè se avrò la possibilità di pubblicarlo. Amo molto le sperimentazioni, le avanguardie, non solo letterarie, e i territori sconosciuti, ma anche le forme più tradizionali potrebbero interessarmi, dipende dall’umore. In ogni caso mi piacerebbe continuare ad indagare sull’uomo, sulle relazioni, sulla natura delle cose.

(intervista apparsa sul sito beautifulcontrocorrente.com)