Dispari

  Animato dal nobile intento di mostrare il valore di coloro che a volte si sentono inadeguati a un contesto o a uno schema precostituito, cosa che in via del tutto pregiudizievole fa di loro dei “diversi” perché non omologabili, Dispari, romanzo saggio di Josè Stancarone edito in questi giorni da Les Flaneurs Edizioni, si affida alla voce di un eccentrico professore e a quella della sua giovane allieva per condurci nel mezzo di un piacevolissimo dialogo in cui i due riflettono e si interrogano sulla complessità della percezione umana, sull’ispirazione e sull’intuito, sulla componente creativa della nostra mente, attraverso due racconti, due casi di artisti apparentemente lontani ma molto vicini quando mettono in luce una personalità atipica, non allineata, dispari, appunto, rispetto ai canoni veri o presunti della “normalità”.

Il primo racconto ci parla infatti di un artista rinchiuso in una cella per aver bastonato il compagno della sua ex moglie e ridottosi a contare le stelle di notte e le mattonelle di giorno. Affetto dal gran male della solitudine, l’uomo non sembra pentito del reato commesso ma rivendica a sé tutta la libertà di non avere una coscienza, da lui ritenuta un ostacolo per la propria creatività. Si precisa a questo modo, un passo dopo l’altro, una condizione che è anche l’occasione per riflettere sulla genesi delle proprie opere, su “quel fuoco che si innalza ogni qualvolta prendo in mano la matita“, come pure sull’anelito al capolavoro, sulla necessità della perfezione, cercata con tutto il suo essere e il cui conseguimento potrebbe porre fine forse al suo tormento, se non riconoscesse in quest’ultimo la matrice dei colpi di genio e delle ispirazioni.

Professore e allieva, a lettura ultimata, si confrontano amabilmente sulla vicenda per diradare i dubbi ed avanzare osservazioni, in un fitto dibattito. I due indagano insieme i fattori che sono alla base dell’agire creativo, la valenza di un’etica personale nella figura dell’artista, un’etica che non può non andare oltre il senso comune, al quale l’artista non può conformarsi, adeguarsi. Si interrogano inoltre su quella sensazione di incompletezza che ha spinto i più grandi artisti di sempre ad andare costantemente oltre ogni possibile orizzonte, ogni traguardo già raggiunto.

Il secondo racconto ci pone invece sotto gli occhi la vita di un musicista che, giunto al culmine del successo nonostante la giovane età, gratificato dagli elogi e dalle attestazioni di stima, vive in simbiosi da anni con il suo pianoforte evitando con cura l’interazione con gli altri (“Concluse che alla sua inabilità sociale non vi era limite.“) ma che grazie alla conoscenza casuale di Aurora, una ragazza allegra e disposta all’ascolto, scopre finalmente cosa sia la bellezza e perché questa nulla abbia a che vedere con la convenienza e la ragione.

In questo caso, professore e allieva prendono spunto dalla storia per ragionare sull’origine e sulla natura dell’ispirazione, su cosa sia l’intuito, sul limite degli schemi e sul valore dell’imperfezione, individuando in Gilles, il pianista, “un inno alla diversità, al modo di pensare differente, alla capacità di plasmare l’invisibile e di impreziosire il fattuale.“, cioè un “dispari” a tutti gli effetti (“Il numero dispari esce dallo schema della perfezione.“).

Si evidenziano così, in questo confronto serrato che di volta in volta si alimenta tra i due, ricco di spunti e di riflessioni, e che spinge entrambi a mettere a fuoco con precisione i termini e i concetti chiave degli argomenti addotti e a individuare le cause e gli effetti che sono alla base dell’agire umano, tutta l’importanza di procedere con un metodo di indagine e di studio che con ordine e chiarezza conduca a trovare le risposte giuste, come anche il grande valore di un approccio emotivo nell’apprendimento, vera arma vincente, che affascina irresistibilmente e fa presa sulle menti.

Ne risulta un’opera che pone l’accento egregiamente sul valore della diversità e della differenza (“Quello che Gilles osservava è che tutto il creato tende alla differenza. L’effetto è la diversità. Quindi la Natura ripudia l’uguaglianza e si fa beffe della perfezione.“), un saggio in forma di dialogo che è espressamente un atto di fiducia e di incoraggiamento per tutti coloro che, non in linea con gli schemi tradizionali, si sentono diversi e agiscono fuori dalle righe, correndo spesso il rischio di non essere compresi e di essere messi alle corde, derisi o disprezzati (“Tutti possono aspirare a un qualsiasi orizzonte se c’è qualcuno a dare una spinta e a ricordarti che hai una grande forza.“). Al tempo stesso, con eleganza e voce limpida, Dispari si propone come una testimonianza rivelatrice della grande, possibile, bellezza del rapporto tra docente e discente, in cui l’amore per la conoscenza può prendere vita, e forma, nel confronto, fonte primaria e privilegiata dell’apprendimento (“C’è bisogno di bellezza della conoscenza e di estetica del racconto. Un professore che si ingegna per spiegare qualcosa, oltre a comunicare e creare un contatto con i suoi allievi, avrà imparato. Quando si insegna, tutti imparano. Non vi sono vincitori o sconfitti.“), in un rapporto sincero fatto di gentilezza, rispetto, disponibilità all’ascolto, di amore per ciò che si insegna, e che mai e poi mai, come ci viene giustamente ricordato, può essere ridotto “a una mera compravendita di concetti“.

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Recensione apparsa su Lankenauta.

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